Vi siete mai soffermati su come parole a noi totalmente sconosciute prima del 2020, siano diventate repertorio del linguaggio comune? Quale effetto vi genera ascoltare parole come “lockdown” “distanziamento sociale” o “dad”?
Indubbiamente a distanza di un anno e mezzo dall’esplosione della pandemia, siamo tutti sottoposti ad un fenomeno di abituazione, motivo per cui le stesse parole non sortiscono più l’effetto iniziale. Con l’avvento del lockdown, tra le misure di contenimento adottate nelle varie nazioni vi è stata la chiusura della scuola. Tale provvedimento ha portato all’isolamento presso il proprio domicilio fino a 1,5 miliardi di bambini e adolescenti nel mondo (Saulle, Minozzi, Amato e Davorli, 2021), popolazione che si è trovata costretta a rimanere in casa senza poter frequentare la scuola, aderendo a misure molto severe di distanziamento fisico che impedivano le relazioni sociali e le attività sportive/ricreative tra pari. Ed è in questa cornice storica di isolamento sociale, che i nostri bambini e adolescenti hanno sperimentato ansia, paura, rabbia, apatia, irritabilità. Con l’arrivo dell’autunno 2020 con il crescente numero dei contagi, dopo un periodo relativamente più sereno, abbiamo assistito ad uno scenario di ulteriore incertezza e restrizioni: la scuola nuovamente chiusa, il coprifuoco, le fasce di rischio regionali che hanno nuovamente e ulteriormente limitato la libertà individuale In particolare, l’alternanza didattica in presenza e a distanza è stata la causa di maggiore disagio e stress per le famiglie, che si sono ritrovate a dover fronteggiare situazioni complesse, senza alcuna forma di tutela e sostegno e qualora presente, anche precario.
E nei bambini e negli adolescenti, qual è stato il reale impatto percepito in questa alternanza?
Lo abbiamo chiesto direttamente ad alcuni dei nostri ragazzi:
G, :“quando ero in dad ero più felice, perchè così potevo stare i più ai videogiochi”;
C, :“cambiare di continuo mi faceva stare male….. specie quando ero in dad mi accorgevo che facevo più caso alle cose che non sapevo e vedevo solo quelle”;
A, :“ero felicissima perché le lezioni duravano solo due ore e quindi potevo stare di più ai videogiochi!”;
G, :“un pò felice perché ero più rilassata con i compiti, ma anche molto preoccupata perché in dad non capivo tanto le cose”.
Sono diversi gli scenari che emergono da queste risposte: L’utilizzo e l’importanza della vita online, uno scarso valore legato alla formazione ed educazione e una consapevolezza relativa alle proprie difficoltà esperite nella didattica a distanza.